Passando da un letto ad un altro incontro i diversi volti con cui si manifesta la malnutrizione infantile: il viso da adulto, troppo vecchio e stanco per un bambino di soli 7 anni; il gonfiore su entrambi gli arti inferiori del 2°paziente; la banda rossa del MUAC che misura la magrezza del braccio del piccolo dell’ultimo letto. Nella stanza delle infermiere del reparto rimangono solo scatoloni con qualche sacchetto di Plumpynut, di F100 e di F75, alimenti terapeutici che da un po’ di giorni scarseggiano in ospedale. Sono immagini forti di una realtà lontana anni luce dalla nostra, sensazioni a cui non mi abituerò mai.
Durante la giornata ci occupiamo anche delle visite di controllo; oggi è arrivata Thérèse, una neonata di 3 mesi con degli occhi molto vispi che mi hanno subito colpita.
Le togliamo i vestiti per farle indossare la pancerina blu che la tiene sospesa mentre leggiamo il suo peso sulla bilancia; la lancetta segna 3 kg e 900 g, 1 kg e 400 g in più dal giorno della sua ammissione in reparto. Diamo la buona notizia alla nonna che ci sorride mentre le ridiamo la sua Thérèse, la riveste e insieme escono da pediatria. Thérése è l’ultima paziente di oggi.
Sono le 14, la nostra giornata al Sendwe è terminata. Mi tolgo il camice, scambio due parole con Gloria e prima di uscire saluto gli altri stagisti con il mio “aurevoir” dalla pronuncia ancora un po’ zoppicante. Mentre cammino verso il cancello dell’ospedale per andare a prendere il taxi, ripenso a quegli occhioni neri; la strada verso l’uscita oggi sembra diversa, oggi il mio passo sembra più leggero; sorrido pensando a Thérèse.